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Dissonanze cognitive

Il Milan cerca un allenatore che sappia lavorare con i giovani per essere in linea con la filosofia del club, ci dicono.

Scusate un attimo… quali giovani?

Maignan, a luglio, compie 29 anni. Theo Hernandez, a ottobre, ne fa 27. Leao 25 tra due mesi. E poi ci sono i nuovi arrivati: Loftus-Cheek, classe 1996, 28 anni appena compiuti. Capitan America Pulisic, 26 anni a settembre. E poi, in ordine sparso, Tomori ne compirà 27 a dicembre esattamente come Bennacer; persino il “giovane” Reijnders, come è stato descritto per tutta la stagione, 26 anni a luglio…

Non raccontiamoci balle: il nucleo portante di questa squadra – e che ci auguriamo tale resti per la maggior parte anche nel prossimo futuro perché questa squadra va rinforzata, non rivoluzionata – non è una squadra di giovani, calcisticamente parlando. É una squadra di giocatori che sono nel pieno della loro maturità sportiva. E, di conseguenza, della loro maturità professionale.

Questa non è una squadra che deve maturare… questa è una squadra che deve vincere!

Non è più la squadra che si è formata nel 2019 nella quale Theo Hernandez arrivava come uno scarto del Real Madrid in cerca di sè stesso e Leao un diamante grezzo al primo salto in una grande squadra. Theo Hernandez oggi è il titolare della nazionale francese vicecampione del mondo e Leao uno dei giocatori qualitativamente più forti d’Europa nel suo ruolo.

A questi qui non serve l’allenatore che sa lavorare con i giovani… a questi qui serve l’allenatore che trasmetta ambizione, che li faccia rendere al meglio e che, possibilmente, li faccia vincere.

A giocatori di ventisei, ventisette, ventotto, ventinove anni tutti più o meno titolari delle rispettive nazionali, anche al di là dei discorsi economici che con qualcuno bisognerà presto affrontare, pensate di potergli raccontare ancora che l’obiettivo sportivo del Milan per i prossimi due o tre anni è continuare a piazzarsi tra le prime quattro?

Aver vinto solo uno scudetto – se ci fate caso da queste parti non abbiamo mai usato la parola “ciclo” ma sempre e solo “progetto tecnico”, perché un ciclo vero in realtà non c’è stato, non siamo stati in grado di farlo nascere – con questa squadra qui è molto grave, perché questa squadra qui qualche trofeo in più in questi tre anni avrebbe potuto portarlo a casa, e siccome non capita sempre di avere una squadra attrezzata per vincere, averla e non approfittarne è grave. Non rendersi conto di averla e accontentarsi – società e ambiente tutto – di un piazzamento è ancora peggio.

Un commento su “Dissonanze cognitive

  1. Difatti, se a questo punto siamo solo secondi (malgrado partite inguardabili, malgrado chi ci precede sia stato a lungo considerato il migliore club europeo) è che sono mancati rendimento, messa in campo e anche grinta soprattutto contro le “piccole”: non si può guardare il Lecce che vince 3-0 col Sassuolo dove noi abbiamo sudato le sette camicie per un 3-3, per non parlare dell’andata con Lecce, Salernitana, Udinese, Napoli, il ritorno col Monza ecc.

    Una squadra motivata da un allenatore che trasmetta ambizione, grinta e scelte tattiche adeguate quelle partite le avrebbe vinte e facciamo il conto di dove potremmo essere in classifica.

    Un allenatore con queste caratteristiche potrebbe veramente essere Conte.

    Ma penso che qualunque allenatore vorrebbe avere un giocatore (anche due) che da due anni a questa parte è mancato: il sostituto di Kessiè. Tutti i grandi Milan del passato avevano fior di centrocampisti: Lodetti e Trapattoni, Colombo e Ancelotti, Rijkaard e Albertini, Desailly, Gattuso e Ambrosini. Niente di paragonabile agli attuali

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